giovedì 27 settembre 2012

Ma lo sapete da dove si ricava il Konjac?


 

Ce lo insegnano fin dall'antichità le donne Giapponesi 

 

Questa specie di piante erbacee perenni fa parte della famiglia ben nota delle Aracee a cui appartengono per esempio anche la calla e la  pianta  spontanea  italiana  Arum italicum.  


Il genere  Amorphophallus  è costituito da circa 200 specie  provenienti dall’Asia e dall’Africa tropicali, alcune delle quali rientrano tra le più spettacolari piante con fiore. 




L’ Amorphophallus titanum è spesso detto, ma impropriamente, il fiore più grande del mondo, e sicuramente quando è in fiore presso qualcuno degli orti botanici in grado di coltivarlo, la notizia finisce sui giornali. 
L’infiorescenza di questa erbacea gigante raggiunge due metri ed è davvero 

spettacolare in tutti i sensi.

La specie Amorphophallus konjac è senza dubbio più piccola, ma non è da meno per l’aspetto quasi sinistro dell’infiorescenza, già suggerito dal suo stesso nome. 

La pianta si sviluppa da un tubero che ha la forma di una mela gigantesca e può raggiungere parecchi chili di peso. 


Dal suo centro emerge in primavera un’infiorescenza alta anche più di un metro e mezzo  che impiega qualche settimana per svilupparsi completamente.

su uno stelo del diametro di tre a quattro centimetri si innesta uno spatice dello stesso diametro costellato alla base da tantissimi minuscoli fiori, non appariscenti, e avvolto da una spata che si allarga a forma di cono nel giro di pochi giorni, di colore e di consistenza somiglianti molto alla carne cruda.

Del tutto appropriato è anche l’odore di questo “fiore”, un forte olezzo di carne selvatica, con il quale la pianta attira gli insetti che impollinano i piccoli fiori.

Altro particolare senz’altro interessante perché inusuale è che l’infiorescenza emerge dal tubero senza che questo si possa rifornire di acqua e di nutrienti dal terreno, perché in questa fase è ancora privo di radici. 

Una volta appassito il fiore, dallo stesso punto emergerà un’unica foglia: all’apice del picciolo lungo più di un metro  e di colore verde screziato di marrone si aprirà un’unica foglia frastagliata che nel mondo anglo-sassone ha fatto conferire alla pianta il nome di “snake palm”. 
Una volta arrivata a maturazione la pianta viene estirpata, il prezioso bulbo viene tagliato e la terra viene preparata per un nuovo seme. 

E' chiaro quindi che la coltivazione del Konjac richiede pazienza ed investimenti notevoli che daranno frutti solo dopo molto tempo, ecco una delle ragioni della differenza di prezzo con la pasta comune. 

A questo punto i bulbi vengono portati nelle rispettive sedi di produzione dove verranno processati a seconda degli usi ch se ne faranno.

La radice del Konjac racchiude un tesoro ricco di fibre solubili: il glucomannano.
 
Il glucomannano è una fibra vegetale capace di assorbire fino a cento volte il suo peso in acqua, grazie alla sua viscosità, dando origine a una soffice massa gelatinosa.

Ciò provoca un effetto di sazietà immediato. Se consumato con regolarità (4g di glucomannario/giorno) il glucommannano contribuisce a stabilizzare il colesterolo, ovviamente nell'ambito di un'alimentazione equilibrata.

In Asia il Konjac è comune quanto il riso, in corea de sud i bulbi vengono consumati come patate.

In Giappone ne fanno davvero un uso molto diffuso: farine, gallette, biscotti secchi e vermicelli di "KONNYAKU" chiamati anche "SHIRITAKI", che si trovano facilmente nei supermercati locali.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poveri di calorie (solo 10 Kcal per 100 g), senza carboidrati, senza glutine, ricchi di fibre solubili, gli shirataki di konjac possono essere considerati un alimento dimagrante.

 

 










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